Claudia, della Redazione Pilastro 2016, conosce da tempo il Centro Volontariato Sociale di Via Panzini 1, al Pilastro. Da anni il C.V.S. organizza laboratori di falegnameria, restauro mobili e liuteria, insegnando un mestiere a tanti giovani in difficoltà. Sviluppa progetti condivisi con le istituzioni preposte al recupero di ragazzi a rischio di devianza o di adolescenti interessati a questa esperienza, segnalati dagli educatori di Quartiere. Claudia ha trascorso lì una mattinata, ecco il suo racconto.
Busso sul vetro della porta del C.V.S.: ieri mi aveva aperto Antonio Cardinale, il maestro liutaio, docente volontario del laboratorio, che era già anziano quando conobbi il centro circa trent’anni fa.
Stamattina, invece, mi apre Andreas Rucci, neanche vent’anni, alto, di bella presenza, sorriso aperto e cordiale, battuta pronta. Mi presento e subito si offre per dire la sua: « Mi sono diplomato al Liceo Artistico di Bologna, sono di Ozzano e stavo cercando lavoro. Ho mandato curricula a varie aziende, ma nessuno mi ha risposto. Voglio imparare e ho cercato in internet se c’erano posti in cui imparare quello che a scuola non ti insegnano. Mi piace il legno. Qualcosa all’Artistico mi avevano insegnato, ma soprattutto design. Progettare una cucina, una camera da letto, il layout. Ma di concreto nulla. Ho trovato il sito del C.V.S., ho telefonato e mi sono messo d’accordo per venire qui ad imparare. E’ un mese che vengo. Mi trovo bene». “Non hai avuto problemi a venire qui al Pilastro?”. «No, perchè? Io vorrei imparare restauro mobili e aprire un negozio. Qui ho visto che posso imparare». Gli chiedo che immagine ha del Pilastro. « Io sono di Ozzano, venivo in città per andare a scuola, i miei amici abitano da altre parti….» Con il Presidente del C.V.S, Angelo Savigni, ci scambiamo uno sguardo di intesa e capiamo che Andreas non sa nulla delle storie del Pilastro e del C.V.S.












Il laboratorio della tarsia, dove si fa e si apprende l’arte dell’intarsio ligneo, è il più luminoso della struttura. Il tavolo è quasi interamente occupato da fogli sottilissimi di legno di differenti sfumature e venature. Antonio sta lavorando qui da 5 anni. Mi mostra prodotti di differente complessità, poi, più disinvolto anche per gli incoraggiamenti del Presidente, racconta il progetto a cui sta lavorando in questo periodo: le porte di Bologna. Porta Saragozza e Porta S. Donato completate; sta lavorando a Porta Castiglione. Mentre taglia pezzetti di pochi millimetri per fare le finestre del palazzo che si affaccia sulla piazza della porta, mi racconta che anche lui ha una formazione superiore nella scuola d’Arte, che ha frequentato a Napoli, sua città natale. Per questo non si limita a riprodurre le foto che rappresentano le porte, ma le arricchisce del proprio punto di vista e della propria creatività.
Mentre ci raccontiamo di Govoni, l’ultimo eccellente intarsiatore bolognese che entrambi abbiamo conosciuto in contesti diversi, continua a incidere minuscoli pezzetti di legno, versa una gocciolina di colla, la tira e tampona, una, due, dieci, venti volte, sempre con la stessa identica precisione. Antonio ha ottenuto una borsa lavoro e si sta valutando l’opportunità di affidargli la docenza della tarsia visto l’ottimo livello di capacità raggiunto.
Intanto che visitiamo i vari laboratori, Angelo Savigni, una vita da artigiano falegname, da quattro anni Presidente del C.V.S., mi racconta le attività che nel corso dell’anno vengono sviluppate. Il Centro ha una ricca storia di gestione di laboratori di falegnameria, in collaborazione con le istituzioni con l’obiettivo di recuperare giovani in situazioni difficili. I progetti più strutturati e conosciuti sono i percorsi condivisi con il tribunale dei minori, che nella pubblicazione del XXV° anniversario della fondazione del C.V. S.scriveva:
« Il C.V.S. rappresenta una risorsa che dà risposta ad esigenze di accoglimento, ascolto, sostegno e orientamento ……., sia attraverso il canale affettivo/comunicativo, che si costruisce nel rapporto dei ragazzi con l’artigiano (il quale diventa un punto di riferimento, una figura a cui appoggiarsi, da cui imparare l’arte ma non solo), sia attraverso l’apprendimento di competenze, che possono fermarsi ad elementi di base o spingersi a livelli più ambiziosi, a seconda delle inclinazioni del ragazzo, del tempo di frequentazione del laboratorio e del progetto che lo riguarda.»
Savigni è molto fiero anche dei progetti sviluppati al’interno di un laboratorio pomeridiano del Centro Anni Verdi, in cui erano inseriti anche dei ragazzi delle scuole medie Saffi: in particolare mi descrive il plastico, prodotto già qualche anno fa, all’interno del progetto La casa che vorrei. «Dovevi vedere come si appassionavano a disegnare la planimetria in scala. La maggioranza erano femmine, erano di tante nazionalità, e alla fine non è il plastico di una casa, ma di una villa, che poi abbiamo esposto in una mostra in vari luoghi tra cui proprio le Saffi e la sede del Quartiere. Devi scrivere che è importante che sappiano usare le mani con degli utensili. Perché la manualità è indispensabile e troppo spesso nella scuola viene sottovalutata. Lavorare con utensili ti abitua ad utilizzare la testa con responsabilità e precisione.»
Quando si mette a raccontare, Savigni è un vulcano e passa da un esempio all’altro, pieno di entusiasmo: «E’ dall’88 che insegno qui e adesso, se la salute me lo permette, vengo tutti i giorni. E’ una soddisfazione vedere la gratificazione dei ragazzi quando guardano il prodotto del loro lavoro. La nostra esperienza dimostra quanto è efficace una pedagogia basata sulla manualità che responsabilizza e ti fa sentire capace e utile in un clima di amicizia. » Poi precisa, con una metafora: «Per quelli che non riescono a prendere il treno, la manualità è una medicina naturale ed efficace. Il fallimento scolastico demotiva, vedere il frutto della propria abilità dà autostima, responsabilizza. Noi cerchiamo di calarci nel loro disagio e non farglielo sentire: da amici oltre che da esperti. E se il ragazzo si impegna, ha un mestiere che può mantenere una famiglia. E un popolo, se riesce a integrare chi non riesce a prendere il treno, ha una maggiore ricchezza nella capacità di realizzazione, invece che costi per affrontare la devianza».
Oggi, cresce la richiesta di cittadini privati che si rivolgono al C.V.S. per il restauro di un mobile o la costruzione di arredo su misura. Ma la presenza di Andreas è il segno di un nuovo approccio: imparando a lavorare il legno, ragazzi in cerca di prima occupazione e disoccupati con una professionalità obsoleta possono trovare un lavoro e un mercato anche solo riparando oggetti e arredi di cui le nostre case sono piene.
Testo di Claudia Boattini, foto di Lino Bertone e Claudia Boattini
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