Ecco il racconto della nostra cittadina redattrice Lorenza Zullo che ha partecipato allo spettacolo Midollo, parte della rassegna Vocazione al contatto:
14 luglio 2016 ore 20. Incuriosita mi dirigo verso il punto d’incontro stabilito per la performance itinerante, curata da Laminarie. Non so proprio cosa mi attenda. All’appuntamento ci ritroviamo in quaranta persone circa. Scopriamo di essere state suddivise in quattro gruppi, quattro come i segmenti della colonna vertebrale: cervicale, dorsale, lombare e sacrale. Ciascuna comitiva ha una propria speciale guida: un bambino. Saranno loro che ci condurranno dentro l’edificio, che conta 552 appartamenti disposti su sette piani, e lungo il suo portico che misura quasi un chilometro. Perché un bambino?
Perché dobbiamo attraversare i confini del tangibile. E gli adulti non sono in grado di farlo da soli. C’è bisogno di un lasciapassare speciale per diventare Turisti nel Regno della Fantasia.
Ore 20.30. Ogni gruppo s’incammina ordinatamente, dietro la propria piccola guida. Una musica tenebrosa, rimbombando sotto il basso porticato, accompagna i nostri pesanti passi e i nostri titubanti pensieri. Qualcuno si guarda in giro dubbioso… sarà ancora in tempo per tornare a casa?
Con incespicanti parole intrise di “scientifica verità”, la nostra guida c’introduce al viaggio; legge da un pesante tomo che, in anatomia, il Midollo è la parte più interna di un organo e che, in senso figurato, sta a indicare l’elemento più interno, più profondo, più intimo e nascosto di qualcosa.
L’itinerario che stiamo per affrontare ci condurrà alla scoperta del misterioso tesoro che si trova occultato tra le mura di questa lunga spina dorsale di cemento.
Il primo incontro è con un anziano signore che ci narra la storia del Drago. Sì, proprio quello che ognuno di noi ha incontrato… e chi non l’ha ancora visto, si tranquillizzi, prima o poi lo incontrerà.
Subito dopo scorgiamo un Gigante Buono, che mentre pota una lunga e verde siepe, risponde alle bizzarre domande della nostra guida.
La realtà comincia a sfrangiare i suoi bordi.
Entriamo in una saletta condominiale dove un baffuto signore, senza voltarsi verso di noi, ci racconta storie dal sapore antico, ai tempi in cui ci si divertiva inventando il cabaret o gareggiando tra condomini. Di nuovo fuori solleviamo lo sguardo e vediamo tre signori alla finestra.
“Cosa fate?” domanda la guida. “Contiamo le finestre del Virgolone”. Rispondono in coro. Quante sono? Non si sa di preciso. Le stanno ancora contando. E chissà quante storie, gioie e dolori si vivono e si sono vissute all’interno di quelle innumerevoli finestre… ogni finestra un varco, ogni varco un’esistenza. L’edificio, da questa prospettiva, si trasforma in un algoritmo di tante dimensioni parallele. Affacciato a una finestra dal lato opposto del palazzo, un signore ci racconta la storia della costruzione del Virgolone; ma il tempo è tiranno e un fischietto sibilante ci ricorda che non possiamo sostare troppo. Dobbiamo andare.
Sotto il portico ci riceve un anziano contadino/cittadino che ci racconta degli orti di San Donato e di come si possano ottenere gustosi ortaggi anche in città. Ma la domanda di una nostra guida lo coglie di sorpresa “Perché la patata è chiamata l’ortaggio del diavolo?”. Il mondo dell’intangibile, ancora una volta, s’insinua nel tangibile.
Avanziamo lungo il portico del Virgolone. Man mano che procediamo la struttura cambia: i muri sono macchiati, vi sono ragnatele penzolanti negli angoli del soffitto ondulato, s’intuisce la presenza dell’eternit. Le terrazze sono costellate di parabole rivolte verso il cielo.
Ma rientriamo nell’edificio. E assistiamo attoniti al monologo di una giovane ragazza; mi dimentico della sensazione di abbandono appena provata perché mi ritrovo catapultata nel Paese delle Meraviglie, condotta per mano da una “Alice” dagli occhi castani.
Saliamo al primo piano, all’interno di un’altra saletta capiente, in cui sono sedute tre anziane signore e un anziano “ex signore” (nel senso di benestante), ma ancora signore di animo a tutti gli effetti. Ci racconta di suo padre, dei suoi insegnamenti. Ci racconta la sua storia di vita, sempre in bilico, in cui povertà e ricchezza hanno giocato a staffetta.
Chi ha vinto? Ha vinto lui. Nonostante la sua pensione di povertà. Perché ha sempre diviso con gli altri, sia il molto che il poco. Anche oggi. Ed è sereno. In pace con se stesso. Noi siamo sbalorditi. È un uomo reale o frutto della nostra immaginazione? Una sottile e flebile speranza s’impossessa di noi. La signora Maria ci fa dono dei suoi disegni.
Usciamo dall’edificio. I ragazzi del Pilastro che ci hanno assistito durante tutti gli spostamenti lungo il percorso, adesso, con piccole torce in mano, ci illuminano la strada verso l’Arena. Illuminano, premurosi, i nostri passi. Una creatura dalla sembianza angelica ci attende al centro del palco, muta e immobile. Ci sediamo in circolo. La musica continua imperterrita a suonare. Le torce illuminano l’interno dell’anello delimitato dai nostri corpi.
Inizia la danza. Increduli osserviamo i suoi movimenti sinuosi.
La sua colonna vertebrale è flessibile come un giunco. È straordinario. Sembra piegarsi al vento, torcendo l’esile corpo fino al limite dell’immaginabile.
In apparente contrasto con la colonna vertebrale del Pilastro, irrigidita dal suo cemento armato.
Ma forse è giusto così. Perché il Virgolone ha tanti anni. E deve continuare a sostenere e proteggere un “Midollo” carico di vita. Di esperienza. Di persone straordinarie. Di persone “fantastiche”…….come questo nostro viaggio.
di Lorenza Zullo
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.